27 marzo 2011

Affari Tuoi e dintorni, la sacra alleanza tra Max Giusti e Fabrizio Frizzi

Cari amici, vicini e lontani, qui è il Vostro Arthuro che vi parla...
Con questo articoletto debutta una nuova sezione del blob, dedicata ai conduttori di Affari Tuoi. Cun una doverosissima correzione "pronomica"... Qui si parla di Affari LORO. Uè, niente fraintendimenti, non vogliamo coronare la nostra bramosia di Gossip. Intendiamo semplicemente saggiare le loro capacità artistiche, emancipate dalla chioccia pacchista.
Si comincia con il volo ad ali spiegate del Cyrano De Bergerac Giusti... Sì, perchè all'occorrenza, i pulcini sanno anche volare...
La data è quella che coincide con la chiusura anticipata della baracca pacchista, nell'anno di (dis)grazia 2010... Un periodo che Elisa Bellei, Armandino, Gabriele e compagni, ricorderanno con il groppone in gola...
Mi aggiungo alla sfortunata truppa per spirito di solidarietà e un pizzico di partigianeria che non guasta mai!
Sbrigata la formalità delle premesse, si parte...


Febbraio 2010: I titoli in sovraimpressione scorrono che è un dispiacere. Gli scellerati informano lo spettatore dell'apertura dei provini de "I Soliti Ignoti". Di primo acchito la cosa non mi allarma più di tanto. Probabilmente, i vertici Rai hanno inserito il popolare format di Fabrizio Frizzi nel palinsesto estivo. E' già successo. E, poi, per quale bizzarro motivo Affari Tuoi dovrebbe essere messo in naftalina anticipatamente? Non è mai successo. E non succederà mai... Beata illusione! Causa impegno in nuova trasmissione del giovedì sera ("Stasera è la..."), Max Giusti abdica dal trono di Affari Tuoi. La Endemol, o chi per essa, non prova nemmeno a cercare un successore. Per un semplice motivo. Mamma Rai ha già deciso di sopprimere la dinastia dei pacchi per promuovere le indagini del Commissario Frizzi. il passaggio delle consegne avviene il 14 Marzo, ultima data stagionale di Affari Tuoi. Durante quell'evento, Fabrizio ha l'onore di calarsi nei panni del presentatore giustiano. Soltanto per una manciata di minuti, minuti che rimarranno nella storia. La concorrente chiama un pacco, lui va a spiarne il contenuto con aria crucciata. C'è da inteloquire con il vampiretto dall'altra parte del telefono? Niente paura. Ci pensa Van Helsing!

















































































































La cortesia viene contraccambiata un mesetto dopo. I Soliti Ignoti veleggiano con il vento in poppa e a Giusti viene dato in prova l'abito della guest star. Lui ci si cala con tutto il genuino entusiasmo di questo mondo. Alla concorrente della serata viene chiesto di indovinare cosa faccia il buon Max fuori del palcoscenico televisivo. Sarà proprietario di un ristorante? Naah, troppo trendy affibbiare il cappellone di chef al big televisivo di turno. Infatti, Max sorprende l'opinione pubblica con un passante incrociato giocato dalla linea di fondocampo. Gioco e partita... Ebbene sì, il nostro eroe gestisce un circolo di tennis! E' stata una bella serata, quella che ci hai regalato dal centrale di Wimbledon, adesso però, caro Malgioglio, vedi di fare una doccia in quattro e quattrotto. La notte è ancora giovane. Urge la tua presenza in teatro. E' proprio vero... "Stasera è la tua sera!".

Se volete saperne di più sulla passione tennistica del prode Max fiondatevi sul link sotto:

Giusti folgorato dal Tennis

Esclusivo: Max Giusti e Fabrizio Frizzi ritornano in una nuova avventura dal sapore epico.
Cosa avranno combinato stavolta?
Date una rispolveratina alle vostre lenti del cuore e convocate il lettore presbite che scalpita in voi.

Siamo lieti di annunciarvi...

Le Idi di Marzo, il giorno dopo

CAPITOLO I

Dopo un settennio, ricco di soddisfazioni e consensi mietuti dalla Gallia (Cisalpina) alla Trinacria, il pacchista volle farsi re, anzi imperatore.
Tutto molto bello, se non fosse che tra il dire e il fare, ci fu qualcuno deciso a mettere i bastoni in mezzo alle ruote della biga. Era la classica (?) quiete prima della tempesta...

Quattordici Marzo del settimo Anno del Pacchista: una puntata che addetti ai lavori e fan ricorderarono come quella delle Idi di Marzo...
Quella sera, la congiura smise di brancolare nell'ombra di Palazzo per colpire con la precisione chirurgica della triste mietitrice. Vittima designata: il/la concorrente a cui il popolo di Rai Uno affidò le proprie istanze di diletto preserale.
Caio Massimo Giusti, bramoso di fare nuove conquiste nello scacchiere televisivo, decise di abbracciare il filone carrambesco, fabbrica della favole previo semplice schiocco della dita. Intanto dovette indorare la pillola alla concorrente di turno, una frizzante veneta. Le si avvicinò e le bisbigliò nell'orecchio: "Stasera è la tua sera!". 
Dietro l'incoraggiamento di facciata, il vero messaggio che quelle parole portarono fu l'ambascia della catastrofe imminente. Roba da zittire con la furia di 23 pugnalate l'orgoglio di una generazione cresciuta a pane, orzo e pacchi.
Dalla gola impastata dell'aspirante imperatrice proruppe un rantolo di sofferenza... "Tu quoque Massimo!" .
Che più o meno significa: Anche tu, ti ci metti, caro Max!
Furono le tragiche parole che precedettero l'esalazione dell'ultimo respiro... L'inerte figura stramazzò al suolo e con essa cessarono di respirare legioni di aficionados che giurarono fedeltà alla causa imperiale. Sul luogo della carneficina spuntò l'apocalittica alba del giorno nuovo.
Caio Massimo Giusti accolse a braccia aperte il suo emerito compagno di cordata, Gneo Fabrizio Frizzolone, uno che di COMINCIARE BENE ne aveva fatto una stendardo professionale per almeno un lustro.
La nuova politica egemonica, voluta per sbancare il botteghino dell'audience, partì con la roboante sinfonia di tromboni, buccine e fanfare. Dal balcone presidenziale, il duumvirato arringò la folla oceanica con la promessa di portare sui loro teleschermi la poesia di mare e monti in Full HD. Sulla spinta della macchina propagandistica fu celebrata la fondazione di due nuovi regni sotto la corona dei duumviri.
Segue la descrizione in pillole gulliveriane (Prego assumere, previo ingerimento d'acqua abbondante) di quanto accadde in quei giorni/mesi sconvolti dal grande ribaltone.

Quindici Marzo 2010, primo giorno del calendario post-pacchista

Il commissario Fabrizio Frizzolone pignorò tempi e spazi dell'espropriato Affari Tuoi per (ri)condurre "I Soliti Ignoti".
I 20 pacchi vennero rimpiazzati da 10 identità da abbinare ad altrettanti personaggi.
Il pacchista lasciò le luci della ribalta all'uomo con il cappellino da cacciatore e la pipa ricurva in bocca...
Sherlock Holmes abbandonò le brughiere nebbiose di Dartmoor per un trasferimento a lui inconsueto. Con taccuino e lente d'ingrandimento in valigia, approdò nei lidi soleggiati del Tiburtina...

Obiettivo delle indagini: trovare il tesoro serale di Mamma Rai. Qualcosa, però, non andò per il verso giusto.
Forse fu la nostalgia del mastino dei Baskerville, perchè non vedemmo il mostro di perspicacia che furoreggiava nell'omonimo romanzo di sir Arthur Conan Doyle. Per fortuna sopperì il caro Watson, con la garbata ironia e il mestiere affinati nell'arco di un trentennio televisivo. L'allievo mise la freccia e superò il maestro. Almeno per una benedetta volta non ci toccò sentire...

 "Elementare, Wats...!"... Pardon...

FRIZZI!


25 Marzo 2010, undicesimo giorno del calendario post-pacchista: Ore 21,20 Inaugurazione della prima di quattro puntate di "Stasera è la tua sera".

Lo show attinse a piene mani da miti scolpiti nell'immaginario collettivo dell'ultima decade.
Regalare l'effimera gloria warholiana a un talentuoso carneade, fu un'idea presa a prestito da "I Raccomandati".
Per il resto bastò la solita bacchetta magica di Carramba. Come per incanto, Il poster appeso nel cubiculum smise di essere semplice carta plastificata per diventare un messia in carne e ossa.
Al plebeo illuminato dalla grazia trascendente, ci vollero tre interventi di chirurgia estetica per risistemare le mascelle spatasciate al suolo. Ma ne valse la pena. Cosa non si fa per festeggiare una fissa nata sul fansite!
Un ringraziamento particolare andò al conduttore...

CAIO MAX GIUSTI!

Sua la responsabilità di preparare un drink che non rimanesse nel gargarozzo degli spettatori.
Se il cocktail allietò le papille gustative o meno fu argomento di discussione che divise le coscienze fino alle calende greche...

Chi elogiò il conduttore per le doti esibite: la vocazione a non prendersi troppo sul serio, la dedizione professionale al prezzo di pile d'otri riempiti col sudore della fronte, Il coraggio di pigiare a tutta manetta sul pedale della biga mattatrice.
Chi, invece, discettò il presunto eclettismo di Max Giusti dando fiato all'olifante della vis polemica.
Secondo il loro illustre parere, l'impegno che il nostro eroe profuse, non gli valse la certificazione DOC dello show man. Complici una certa carenza di charme, le phisyque du role non si inventa da un giorno con l'altro, e la nomea che si trascinò con il carro dei buoi dai tempi di Quelli che il Pulverulentus...
All'epoca di "Quelli che il Pulverulentus", un manipolo di macchiette di stanza nel DNA giustiano portarono un po' di sana demenzialità sul palco di Simona Ventura. Una nobile missione compiuta in nome dell'Ars dell'Imitazione. Per quanto facessero scompisciare dal ridere, queste caricature finirono col riflettere la loro luce dissacrante su progetti maxgiustiani dal più ampio respiro. Primo fra tutti "Stasera è la tua sera".
Quando il lider maximo si cimentò nell'arte (micheal)bubliana del bel canto, il fantasma della "parodia vivente del fare entertainment" fece cigolare il pesante portone del castello. I detrattori andarono a controllare, candela tremolante alla mano e groppo in gola. Quello che videro in cortile li fece...
Un uomo facciacartonesco, avvolto in boa di struzzo, si dimenava su un palco strepitando note musicali a ritmo di swing.
Il comune sentire dei presenti non si fece attendere a lungo. Il tappo laringeo saltò in seguito a una forte pressione interna. Era un copioso zampillo eruttato dalla fonte del buonumore. Una reazione emotiva sviscerata dalla più palese delle constatazioni: Max Giusti aveva venduto l'anima a Cristiano Malgioglio.
L'odore putrido della bocciatura sembrò sul punto di colonizzare l'aere del proscenio, ma il Signore dei Venti, che Giove lo protegga, non fu dello stesso parere degli inquisitori d'assalto...

"Esimii De Torquemada, qualunque pensiero si agiti nel vostro tormentato cerebro, spero conveniate che la performance del vostro assistito non è stata così disprezzabile, anzi...
Pertanto, vi esorto a recedere dal vostro fazioso tiro al piccione e a non osteggiare la regale autorità di Max Giusti."

EOLO

FUUUUUUUUUUUUUUUU.... Il faccione sbuffante dirottò l'immane lezzo nella terra di nessuno e a Max  fu data una seconda possibilità: rimandato a Settembre per gli esami di riparazione. Beh, L'alunno contestato non dovette aspettare così tanto. Per uno strano scherzo del destino, l'occasione di riscatto gli fu portata sul vassoio d'argento dalla sorte avversa.


CAPITOLO II

Inizi Giugno 2010, terzo mese del calendario post-pacchista...

Superata la barriera del settantottesimo giorno del calendario post pacchista.
Dalle zone remote del regno frizzogiustiano rimbombò con fragore massocatapultico un'invasione dalle proporzioni epiche.
Un esercito nonmeglioprecisato  premette contro i confini patri con l'intento di fare breccia nella linea Maginot.
Stavolta non fu richiesta nessuna manovra di aggiramento per avere ragione dell'avversario. Lo sporco lavoro lo fece la forza soverchiante di file umane che si estendevano a perdita d'occhio.
Morale della favola attiliana: Dove passarono non rimase un filo d'erba che fosse uno, alla faccia del Ragazzo della Via Gluck e delle sue intemerate ecologiste.
Da quel giorno, i dispacci dal fronte arrivarono nella capitale con raccapricciante regolarità.
Furono momenti di caos febbrile, momenti in cui le teste capitoline non sapevano per la disperazione dove andare a sbattere. Le masse delegarono alla cieca fuga dell'animale braccato il vano compito di trovare una via di salvezza.
Pletore di veicoli cercavano di raggiungere l'entroterra, ma finivano col pestarsi le ruote a vicenda. Nel giro di qualche ora si formarono code bibliche lungo le principali arterie che collegavano la capitale alla rete stradale esterna.
Per i cittadini immuni alle sirene dell'esodo di massa le cose andarono di male in peggio.
In qualunque direzione l'occhio spaziasse erano visibili i segni esiziali del degrado e dell'anarchia.
Mesti capannelli di umanità ferita attraversavano le vie ingombre di masserizie, rottami e carri vivisezionati. Cappe fumose esalavano dai portoni sbrecciati delle domus, divenute terra di abbandono e feudo dello sciacallaggio. Nella città aleggiava un aura di silenzio irreale, squarciata soltanto dallo scalpiccio ovattato nei meandri dei vicoli... Quando il bisbiglio non si disperdeva nell'etere, si arrampicava progressivamente di tono fino a conquistare l'inesorabile climax. Era l'urlo lancinante di chi era stato appena raggiunto dalla foga giustizialista delle ronde. La sebaciaria aveva colpito ancora!
Sotto questo sole coperto dall'eclissi, i fan delle lampade andarono a nozze nei centri di benessere.
Nota incoraggiante a parte, la sfiducia nelle istituzioni crebbe a livelli di Guinness dei Primati.
Le autorità si fecero in quarantaquattro gatti in fila per sei col resto di due nella speranza di riportare un po' di tepore dei bei tempi andati.
Durante una delle assemblee che si tennero a Palazzo come il cacio sui maccheroni si fece il punto della situazione.
Come fermare le possenti orde degli invasori?
I duumviri, incurvati nelle loro selle curule, ascoltavano con religiosa rassegnazione le soluzioni avanzate dai senatori. I soliti polpettoni sfornati da bocche dedite alla prosopopea. Quando la misura fu colma la noia colpì i cesari con la sonnolentica evidenza di due occhi chiusi a doppia mandata. Fuori dall'uscio premevano quattro amici barbacanutiti che volevano cambiare il mondo. Per tutta risposta furono avvolti in resistenti bende di lino e ricoverati d'urgenza al bar del caput sanatorium.
Frizzi e Giusti tirarono un sospiro di sollievo. Fu dato loro il pretesto di sciogliere l'assemblea e di ritirarsi nei rispettivi alloggi. Fu lì che ripristinarono la pennichella interrotta russando che Zeus la comanda.
Al risveglio, si accorsero che non sola la notte, ma anche il pomeriggio porta consiglio. Si ritrovarono, freschi come una rosa, a discutere della sicurezza nazionale. Per l'occasione si recarono nel monumentale triclinium, dove consumarono il consueto prandium, lo snack del tardo pomeriggio, a base di formaggio, uova di pernice, pesce in salamoia e leccorneria assortita.
Tra una sbrodolata e l'altra, per tacer dei rutti liberi,  trovarono il modo di sbrogliare il bandolo della matassa politica.
I duumviri misero da parte piatti, patacche e vettovaglie e congedarono il codazzo di cerimonieri, giullari e ancelle, che era solito allietare il loro desinare a tutte le ore. Dopodichè convocarono uno scriba assieme a uno schiavo tracio nerboruto.
Il primo portava con sè uno scalpello, mentre il secondo, nonostante i tricipi forgiati in palestra, arrancava sotto il peso di una lastra di marmo titanica.
Quello che si prefigurava era un evento di solenne importanza. Il duumvirato si apprestava a dare una scossa all'ordinamento giuridico della nazione.
Di fatto il documento granitico sancì l'unione dei due possedimenti frizzigiustiani sotto l'augusta corona dei Mazza, casata che in precedenza aveva contribuito non poco alle fortune dell'Urbe.
Quello dei due ex sovrani fu un gesto di coraggio per ridare linfa vitale alle radici di una sequoia millenaria...
Nacque la prima e unica forma di impero costituzionale che la storia abbia mai conosciuto.
Checchè ne gracchiarono le male lingue, Fabrizio e Massimo non vennero mai sfrattati da Palazzo, tutt'altro...
Dall'alto della sua illuminata indulgenza, l'imperatore Mauro I, volle premiare quell'atto di nobile abnegazione conferendo loro la massima autorità nel ramo dell'esecutivo. I due candidati ebbero nuovamente accesso alla stanza dei bottoni, ma con una differenza non da poco. C'era qualcuno nelle sfere alte che garantiva per il loro operato, qualcuno che li avrebbe protetti dalle insidie della turbolenta politica di corte.
I due nuovi Primi Ministri parteciparono al nuovo raduno tardo pomeridiano con la fregola di dimostrare al loro garante che aveva visto giusto. Il triclinium con il suo arredamento sfarzoso e le sue sfiziose tentazioni lasciò il posto a uno studiolo all'insegna della sobrieta. Solo due o tre sedie orbitanti attorno a un tavolino di marmo, ricolmo di righe, compassi, mappe e rilevamenti cartografici. Un statua di Efebo in bronzo sosteneva due candelabri formati da girali incastonati nelle mani. Le prime fiammelle ardenti avevano l'ingrato compito di fermare le avanguardie dell'oscurità. Là dove batteva la luce calante del vespero, un clepsydriario catturava la posizione del sole, indicando l'orario con precisione canterina. Lo sentivi cinguettare: "Il tempo passa e se va, tra i sogni e le preoccupazioni...".
Il guaio era che il tempo a disposizione stava volgendo al termine... Il temuto invasore era quasi a un tiro di onagro dalla capitale.
Fabrizio e Max lavoravano febbrilmente da ore, ma, ahimè, le idee scarseggiavano come il vinum mulsum nella notte bianca capitolina. Non era certo un problema di affiatamento il loro.

Già nel giorno Idi di Marzo, tappa fatale per pacchisti e adepti al seguito, Caio Massimo aveva tributato al suo compagno gli onori dell' ospite nella sua Casa di Affari Tuoi.
Gneo Frizzolone aveva avuto il privilegio di adempiere alla sacra spiatina del pacco scelto dal concorrente. Che dire, poi, della contrattazione telefonica con il famoso Dottore? Una goduria riservata soltanto ad un irriducibile pugno di eletti.
La cortesia era stata controccambiata un mesetto dopo.
Frizzi aveva interrogato Giusti in seno al suo popolarissimo commissariato. No, niente interrogatorio di terzo grado, quanto un escamotage per coniugare l'indagine del concorrente a un po' di sano riso made in Max.
Non era colpa del duumvirato, se quella sera, Sherlock Holmes, nei panni di una signorina umbra, aveva fallito miserevolmente. Lei ne aveva scartati di Baci Perugina, ciononostante non era riuscita a risolvere il caso dei 250000 Sesterzi.
A ripagare il prezzo del biglietto, era bastata la visione telescopica di un astro nascente nel firmamento dei sodalizi artistici.
Quanti grani scintillanti la cometa aveva lasciato nella caleidoscopica scia!
Un artificio scenico per non perdersi nei bui anfratti cosmici e seguire la via maestra fino alla destinazione finale...
Tutto bene, finchè uno scherzetto tirato dallo spazio profondo non aveva fatto andare in tilt la bussola del corpo celeste... Erano stati loro... Quei maledetti barbari sbucati dal nulla...

All'interno dello studiolo l'alone di luce originario stava gradualmente cedendo il passo alla furia cieca del buio.
Non dipendeva solo dal moto della Terra attorno al Sole, come ebbe a dichiarare qualche scienziato sotto acido...
Era come se un dispotico autunno avesse in programma di bandire la clorofilla dal giardino della creatività.
Inaridita l'ispirazione alla fonte, i due poeti caddero in preda ad una spossante frustrazione, madre di tutti gli uomini sull'orlo di una crisi di nervi.
Max e Fabrizio chiusero l'aplomb dei giorni migliori nel cassetto e si beccarono senza andare troppo per il sottile.
La tensione impregnò l'atmosfera di quella stanzetta oltre il normale livello di guardia. Durante i preliminari volarono paroline, parolone e pure parolacce.
Uno, due... tre tonfi assordanti echeggiarono entro le mura del palazzo. Un ingiuria fu lavata tramite il lancio a raffica di oggetti incolpevoli. A farne le spese però non fu il provocatore, ma la bellezza di un metro quadro di intonaco esposto...
La transizione dalla rissa verbale alla colluttazione era ufficialmente giunta al traguardo.
Davanti alla porta dello studiolo si era formato un nutrito e preoccupatissimo gruppo di persone formato dal consigliere maximo, vari dignitari di corte, ancelle, schiavi... A qualche metro di distanza tre colossi pretoriani, impettiti sull'attenti e col consueto cipiglio marziale, aspettavano un cenno del capo per entrare in azione.
Il responsabile dell'ordine, il consigliere supremo, sapeva cogliere il nocciolo della questione al prezzo modico di una tacca della clessidra.
Quante volte aveva pilotato le scelte dei suoi assistiti... Ne aveva rivoltate di frittate a proprio piacimento...
Ora non sapeva che pesci pigliare!
La voce della diplomazia gli suggeriva di sposare la causa interventista ponendo fine all'ignobile gazzarra.
Inutile dirlo, era in gioco la ragione di stato.
D'altro canto, Il timor panico lo tratteneva da qualsivoglia intromissione: dirimere le controversie tra due figli della mitica lupa era già cosa rischiosa, figurarsi se i medesimi erano incavolati come un ariete in rotta di collisione con la palizzata di burro.

M'ama, o non m'ama... M'ama, o non m'ama... M'ama, o non m'ama...

Prevalse la posizione neutrale. Tradotto in parole indigenti, significava preservare da incontrollate pulsioni fisiologiche le candide chiappe togate...
Vinse la strizza. Sì, ma come fischiavano i lobi sventolanti di Dumbo!
Per quanto granitiche, le mura di palazzo non erano in grado di arginare la strabordante acustica di quel fiume in piena.
Vinto da una cupa rassegnazione, il gran consigliere fece per posare lo sguardo autoritario sugli armigeri della vigilanza.
Un evento inaspettato lo trattenne sul fil di lana.
Come per intercessione piovuta dall'Olimpo, la sagra dei mille decibel si era zittita repentinamente.
Gli astanti tirarono un sospiro di sollievo. Niente più urla lancinanti e detonazioni dovute a lanci di oggetti contudenti, a colpi proibiti e casini assortiti.
L'orecchio vigile percepiva soltanto il debole trapestio di passi sullo scabroso manto di oggetti fracassati.

Caio Massimo e Gneo Frizzolone si fronteggiavano come due animali ringhiosi, pronti a sbranarsi con vicendevole affetto. Quello che sembrava più incline a rompere gli indugi era Max, incorniciato nel grottesco digrignare dei denti e nel naso da guascone.
Carente di protesi dentaria di cotanto blasone, Fabrizio usò come deterrente la fiera aggrottatura delle ciglia e l'espediente degli occhietti truci.
Un urlo bestiale ridiede inizio alle ostilità... Lanciato nella sua folle corsa verso la gloria rissosa, Giusti caricò l'avversario a testa bassa.
In un primo momento, Frizzi decise di aspettare in posizione rannicchiata. In tal modo avrebbe assorbito meglio l'impatto con una persona sensibilmente più bassa di lui.
Come aveva fatto nell'ultimo quarto d'ora di trambusto, lo spilungone remò controcorrente violentando la sua natura paciosa. Non era mai stato un paladino dell'offesa, ma anche in questo caso fece uno strappo alla regola, ripagando l'amico-nemico con la sua stessa moneta...
Corse come un toro impazzito, muggendo grida ferine all'indirizzo di quella maledetta bandierina rossa.
In background, uno speaker immaginario scandiva i tempi del tragico impatto.

Tre secondi al contatto, DUE, UNO... CONTAT... BONG!!!

Un silenzio di piombo calò impietosamente sulla scena.
Fuori dalla porta un posto di blocco frenò i cortigiani sul cammin di loro comprensione.
Per non aspettare le celeberrime calende elleniche imboccarono qualche scorciatoia di seconda mano.
Gli alti dignitari si abbarbicarono alla porta dello studiolo come piante rampicanti originate dal seme della curiosità... Speravano di intercettare almeno un sussurro rivelatore, invece incassarono il silenzio di tomba con gli interessi!
Il consigliere maximo potè permettersi il lusso di spiare dal buco della serratura, ma non ne cavò un aracnide manco morto. C'era invece chi, in qualità di schiavo, non era tenuto ad avere alcun interesse. D'altronde, che importava se il mondo fosse stato giallo ocra piuttosto che rosso vermiglio, tanto lui l'avrebbe visto colorato della solita tonalità: marrone cacca.
Che fosse richiesta o meno, la ragione del silenzio era legata a un fatto incontestabile.
Giusti e Frizzi giacevano stecchiti al suolo.
Qualche minuto prima si erano dati appuntamento alle reciproche fronti de coccio e dopo lo scontro erano stramazzati a terra come due sacchi di patate novelle.
Il primo a riprendersi fu Max Giusti.
Non ebbe la smania subitanea di alzarsi in piedi, perchè i postumi dello stordimento intaccavano ancora la piena funzionalità del suo corpo. Raggiunse la parete vicina strisciando carponi. Vi si appoggiò e cominciò a leccarsi le ferite. Tra un massaggio al bernoccolo sulla fronte e un gemito di troppo - "Ammazza che botta!" - Il nostro vide il suo compagno di screzio ancora esanime sul pavimento.
Le forze stavano pian pianino tornando all'ovile. Valeva pure la pena di fare un tentativo.
Uno...... Due..... Tre... ISSA!!!
Max si drizzò in piedi con qualche titubanza. La sua andatura aveva conosciuto giorni migliori ma non demorse: un vecchio amico aveva bisogno di soccorso. Al diavolo le vecchie pendenze!
Fece attenzione a non inciampare nel ciarpame sotto i suoi piedi cercando di aggrapparsi a qualche appiglio di fortuna: la parete, una statua scampata alla furia devastatrice. Tra un improperio e l'altro giunse alla meta.
Si chinò e scosse a più riprese il compagno stordito.
L'energica scrollata stava sortendo gli effetti desiderati. Frizzi si stava lentamente riprendendo...
I suoi occhi erano ancora leggermente di traverso e la punta della lingua penzolava fuori dalla bocca. Sembrava che contasse ancora le stelle in cielo, ma qualcosa lo ridestò all'improvviso. Qualcosa che lo fece ridere a crepapelle.
Non ci volle un pozzo di scienza per individuare la causa di cotanto divertimento.
Max aveva sì tolto la maschera bellicosa, ma aveva finito con lo scatenare un altro conflitto.
La guerra del buon umore sul ring.
Dai suoi occhi di monello impenitente erano partite le prime schermaglie. Poi aveva fiaccato l'avversario lavorandolo ai fianchi con una ridarola insistente. Il colpo del KO era scaturito in seguito alla detonazione di una risata tonante.

A chi non assisteva direttamente all'evento, perchè inibito da una possente parete marmorea di Massa Carrarum, non rimase altro che affidarsi alle proprie capacità uditive.
Quello che avevano sentito e stavano sentendo non deponeva certo a favore dei due ex duumviri.
Nessuno capiva cosa albergasse nella lora capoccia.

"Poco ci mancava che si scannassero, adesso si scompisciano dalle risa... Chi ci capisce qualcosa è bravo!".

No, non erano due cretini patentati.
Semplicemente, Il popolo bue non aveva afferrato il concetto.
Max e Fabrizio si erano sintonizzati sulla stessa lunghezza d'onda. Avevano capito come volgere a proprio favore la deprecabile zuffa di qualche istante prima...

"Ok, continuamo a darci battaglia, non possiamo farci niente, è scritto nelle pagine del nostro destino. Almeno facciamolo in nome di un nobile ideale...".

Per festeggiare l'eroica svolta avrebbero organizzato un'indimenticabile serata-sfida al Circo Massimo. Così facendo avrebbero sicuramente ottenuto tanta benevolenza dal monte Olimpo. E con gli Dei al loro fianco avrebbero sbaragliato il nemico senza troppi patemi.
Fine della storia.


CAPITOLO III

Undici giugno 2010, ottantottesimo giorno del calendario pacchista...

Circo Massimo.
Il glorioso anfiteatro era una monumentale scatola di sardine parata a festa nella sera capitolina. Le luci dei riflettori tagliavano a spicchi il monumentale palco sito al centro dell'arena. La manovalanza stava lavorando alacremente per ultimare l'allestimento della scenografia teatrale. I Musici già gremivano il parterre che cingeva la parte sottostante del proscenio. Il brusio popolare risuonava imperioso in quel catino dominato dalla bolgia. A suggellare l'importanza dell'evento, era la presenza in tribuna d'onore di tutte le più alte cariche dello stato, imperatore compreso.
Dal cielo serale, la capitale imperiale era un punto di luce vivida, un faro nelle tenebre del caos. Sapere che, in quei giorni, la sua storia avrebbe potuto essere riscritta, procurava i brividi tipici di chi fa un triplo salto carpiato nel buio...
Lo squillo altisonante delle fanfare ammutolì di botto il pubblico. I drappi rossi del sipario si schiusero, rivelando un gruppo di graziose danzatrici. Le loro movenze leggiadre e sensuali si fondevano armoniosamente con il motivo musicale in sottofondo... I suoni dolci e vellutati di flauti e arpe evocavano il mondo idilliaco dell'Arcadia, mentre il registro roboante di grancasse e tromboni saturava l'atmosfera risucchiando lo spettatore nel turbine delle passioni e degli istinti.
I preamboli finirono e venne il momento clou della serata.
Max Giusti e Fabrizio Frizzi, impeccabili nella loro toga da sera, fecero il loro ingresso in scena.
Furono salutati da una lunga ovazione, come non si verificava da tempo. Il popolo pagava sulla propria pelle lo scotto della paura. Riempì l'anfiteatro per stringersi intorno ai loro paladini, e continuare a vivere insieme a loro un sogno iniziato sul Colle del Palatino.
I due pupilli risposero con affetto. Distesero le braccia in segno di saluto ed elargirono baci e sorrisi senza badare a spese. Espletate le formalità, cominciarono la loro arringa; il pubblico ascoltava in ieratico silenzio. A turno si davano il cambio. Parlavano in modo fluente, talvolta ricercato, ma senza la magnieloquenza degli oratori cazzuti.
Per calamitare l'attenzione ricorrevano ad altre tecniche. Il tono suadente della voce era il loro marchio di fabbrica. Per quanto arzigogolassero il discorso andavano sempre a parare nello stesso punto. Il solito concetto, cucinato e propinato in tutte le salse, iniziava con una domanda: "Come possiamo scacciare l'oppressore dalle nostre terre? Bisogna rabbonire gli dei, occorre portarli dalla nostra parte... Noi due abbiamo gli attributi per farlo. SI' NOI POSSIAMO! O almeno uno di noi. Seguiteci e non ve ne pentirete!".
"Sì, ma chi ci assicura che Zeus benedirà la nostra causa?", chiese con voce stentorea uno spettatore roso dal tarlo del dubbio.
La risposta fu data da uno squillante rullo di tamburi. Quattro schiavi trasportarono sul palco una portantina di legno intarsiata d'oro massiccio.
Pigramente adagiata sul morbido materassino color porpora, una delle donne più belle che occhio capitolino avesse mai adocchiato.
Nessuno la conosceva, ma secondo i bene informati doveva trattarsi di Afrodite in persona! Sì, doveva essere così...
Le voci di corridoio non avevano nessuna voglia di correre e rincorrersi, tanto la conferma l'avrebbe data quella splendida silhouette di donna mediterranea.
Vedere due rocce immarcescibili come Frizzi e Giusti cedere così platealmente alle lusinghe femminili non era francamente cosa da tutti i giorni.
La magnifica seduttrice si era promessa a uno dei due. O, meglio, aveva concesso al fortunato eroe, la chance di uscire a cena con lei. Certo, non avrebbe fatto a testa o croce per scegliere il cavaliere di una sera. Ci avrebbe pensato una sana competizione sportiva a decretare il vincitore.
Caio Massimo e Gneo Frizzolone sarebbero tornati sull'agone un'altra volta. Niente match di pancrazio o gara di tirassegno. Solo tante prove basate sul celebre canovaccio telemitologico.
In soldoni olimpici, "Le dodici prove di Ercole in Urbevisione", tra cui spiccavano:

cimento canoro
singolar tenzone di ballo
"Chi l'ha visto"
Carramba che sorpresa
Festival di Sanremo
I Raccomandati,

e chi ne ha, più ne rimetta!

Giudici della contesa (manco a farlo apposta): Tre donne.

1) una signora attempata, tanto preparata quanto casinista. Bella pretesa la sua, invitare a cena il concorrente sconfitto. Giudizio critico: Da censura.

2) una signora dalle fattezze giunoniche, leggermente stemperate da mesi e mesi dedicati all'arte del ballo. Sì, era un po' smagrita. In compenso, era la più buona delle tre. Prego astenersi fans dei doppi sensi.

3) un'algida signora dai gusti elitari. Prove tecniche di giudizio: Nessuno mi può giudicare, nemmeno tu!.


La prova di ballo dette il la alle ostilità. Per l'occasione Fabrizio Frizzi fece le cose in grande. Come partner, scelse la prima della classe, colei che danzò trionfalmente sotto la volta stellata: Veronica Oliver. C'era tanta carne al fuoco, ma l'allievo Frizzi sbagliò i tempi di cottura e se ne uscì con una pietanza bruciaticcia... 
Quante tiratine d'orecchie gli diedero dal pulpito culinario!
Soltanto la bontà della signora giunonica gli valse un punto a favore.

Max Giusti poteva definirsi a pieno titolo una pasta d'uomo. Fu solidale con l'amico in disgrazia, come si dedusse dall'impegno profuso durante le prove. Quando non fu possibile dissimulare una scarsa vena sposò la causa del astensionismo. C'era un mottarello da addentare e una magnifica Benedetta Valanzano da demoralizzare.
Se è per questo, c'era anche da tutelare il fair play sportivo. L'orgoglio del ballerino di razza gli impose di fare le dovute correzioni in corsa.
Max obbedì sbattendosi come non mai. Avvinghiato alla Divina Benedetta, fece conoscere agli spettatori il bollente significato della parola "Tango".

Nonostante le prevedibili perplessità sollevate dalla giuria (mai contenti quelle!), il nostro riuscì a superare Frizzolone sul fotofinish del voto popolare. Fu proprio una bella soddisfazione non c'è che dire. Ci crediate o meno, il bello doveva ancora venire. Quello che lo gasò oltremodo fu l'attestato di stima conferitogli da Afrodite.
Tamponare la fronte imperlata di sudore ...Quella "carezza", il 99,9% della popolazione maschile planetaria non la vedeva nemmeno con il Telescopio Nazionale Galileo!

La corposa presentazione degli eventi in scaletta imponeva ritmi serrati.
Il tempo dell'esaltazione (Giusti) e della recriminazione (Frizzi) era finito, bisognava guardare oltre.
La seconda prova era ai nastri di partenza.
I nostri eroi si esibirono nell'inflazionata arte del canto. Anche in questo caso dovettero condividere le luci della ribalta con un partner di diverso censo e condizione anagrafica. Gli organizzatori li affiancarono ai migliori enfants prodige di Antonella Clerici.
Stavolta toccò a Giusti bere il calice amaro della sconfitta.
Il suo rivale lo stracciò sotto tutti i punti di vista: Intonazione, timbro di voce, presenza scenica...
A nulla valse il bonus maxgiustiano di avere al proprio fianco un'ugolina portentosa.
Perfino le signore della giuria per una volta non eccepirono. Si chiusero nei seggi elettorali e votarono all'unanimità; il voto del pubblico seguette in scia.
Le due prove successive (la terza e la quarta) furono accorpate sotto un'unica votazione.

Terza prova: I fantasmi del passato fecero comparsa sul proscenio dell'Opera.
Tranquilli, a Carramba le cose brutte sono bandite, quindi niente spiriti capricciosi o scheletri nell'armadio.
Solo tre individui intabarrati nel tradizionale costume bianco di Halloween.
Sarà riuscito Massimo Giusti a indovinare quali identità a lui care si celavano sotto il cappuccio?
Il nasone da segugio lo aiutò a superare il test in tutta scioltezza. Riuscì a smascherare un vecchio compagno imitatore, un commitolone ai tempi della leva e... Grazie alla terza identità venimmo a conoscenza di una primizia...

Una primizia agghiacciante!

Il bambino Max era una teppa da riformatorio, come testimonia il dentino fracassato alla povera sorellina...

"Allora, fratellone, lo paghi o no il conto del dentista?...". 

Archiviata la pratica "fantasmi", gli inservienti buttarono le lenzuola nel catino della roba da lavare e cambiarono la scenografia.
Frizzi si accomodò con regale compostezza su uno sgabello e cominciò a meditare...
Dietro un separè, sostava in fremente attesa una carissima persona.
Chi poteva mai essere? Un indizio gli venne in soccorso.
Sulle note pop di "Un estate fa", la nebbia in Val Ricordi si diradò gradualmente...
C'era un caldo che spaccava le pietre, anzi, che fondeva la sabbia. Con tutta probabilità, Fabrizio si trovava in una spiaggia del Mar Adriatico. Indossava un paio di mutandoni adibiti a costume da bagno. Sudava che era un dispiacere, ma cosa ben più rilevante... Fabrizio era a Riccione, patria dei cucadores nazionali. A fargli da spalla nelle operazioni di rimorchio c'era il mitico Professor Antonello Pinto!
Dite la verità, non avevate mai visto un prof e un alunno fare comunella in nome di un così riprovevole scopo, eh?
Perfino Afrodite dovette riconoscere lo charme della strana coppia.

"Mi sarei divertita ad andare a cena con i "Vostri Voi" di 20 anni fa!“.

La prossima manche tributò onori e gloria al Festival di Sanremo.
Giusti e Frizzi fecero da padrini alle solite vecchie glorie, ripescate nel carniere dei vincitori.

Alla dipendenze di Max cantarono:
Nicola di Bari (il cuore è uno zingaro)  e Annalisa Minetti (Senza te o con te).

Al servizio di Fabrizio gorgheggiarono:
Tony Dallara (Romantica) e Riccardo Fogli (Storie di tutti i giorni).

La vera nota stonata di questa prova fu la performance di Riccardo Fogli. Quel temerario dietro il microfono volante fu l'unico del gruppo a cantare dal vivo. Gli altri non seguirono l'ardito esempio. Decisero di preservare da mille strapazzi la loro delicatissima vocina. Optarono per la rassicurante base musicale parlata in sottofondo. Fa niente se ogni tanto il labiale andava fuori sincrono, tanto chi volevi che se ne accorgesse! Così poterono svolgere la pratica senza intoppi e furono giustamente incensati dalla critica! Per converso, L'occhio clinico della giuria sgamò l'impudente Riccardo Fogli e inflisse al suo mentore Fabrizio un'umiliante bacchettata sulle dita...

Risultato parziale della doppia prova: Giusti batte Frizzi 3-0!

Mai darsi per vinti! Finchè l'ultimo granello di sabbia non si depositò sul fondo della clessidra, non fu detta l'ultima parola! E infatti, come nel più im... Prevedidibile dei copioni, l'opinione pubblica confutò il voto degli specialisti.
Certo, il loro prediletto Fabrizio non vinse la partita ma almeno riuscì acciuffare in extremis un pareggio insperato...

Il pubblico era entusiasta. Il ritmico battito delle mani culminava in cori di giubilo all'indirizzo dei loro beniamini.
Gli spettatori non avevano tutti i torti. Come non capitava da tempo, stavano assistendo a una serata davvero superlativa.
Tutto era stato congegnato nei minimi dettagli per intrattenere lo spettatore.
Poi c'era da esorcizzare una paura che minacciava di far precipitare l'impero nel buio di un pozzo senza fondo.
No, i presagi funerei non l'avrebbero spuntata. Il volere divino avrebbe incanalato il flusso degli eventi nella direzione auspicata. I barbari si sarebbero calati le braghe e si sarebbero dati ignominiosamente alla fuga.

Mancavano ancora tre prove prima che venissero scanditi i fatidici rintocchi alla mezzanotte.
Dal suo loggione arroccato ai vertici della gloria, l'imperatore sollevò il suo pollicione benevolo verso il cielo illune.
Un'acuta strombettata accompagnata dal rombante rullare di tamburi, introdusse sul palco un manipolo di ardimentosi.
Erano alcuni rappresentanti dei "Raccomandati", i destinatari della spintarella oltranzista.
Diversamente da quanto si potesse presupporre, la spinta che toccava i raccomandati non aveva l'effetto di farli sfracellare nel burrone, anzi... permetteva loro di andare oltre il baratro e di raggiungere traguardi preclusi ai comuni mortali.
In ossequio al "Una mano lava l'altra" (le altre sguazzino nella melma) questa casta prese a dilagare torrenzialmente...
I suoi adepti monopolizzarono settori chiave della vita socioeconomica dell'impero.
Adesso erano al soldo di Giusti e Frizzi, nei ruoli più disparati.
I tre capitanati da Frizzolone si cimentarono in un compito a dir poco bizzarro. Nelle vesti di musici sui generis si misero a suonare con strumenti arruolati dalla loro fervida immaginazione.
Alla vostra sinistra, il suonatore di foglie d'edera, al centro, la suonatrice di pettine, alla vostra destra, il virtuso strimpellatore di pompa di bicicletta e di sega da falegname. Ad accompagnare la band avanguardista, ci pensarono le manine da pianista frizziane. Il pezzo musicale da gettare nel tritacarne cacofonico fu il "Bel Danubio Blu".
Questo  era quanto si augurava il cattivo Max che, per inciso, fece anche da guastatore con battutine prese dal suo repertorio di ex legionario di Petibonum (quante sberle prese da Asterix!)... La pompa, la sega...
Quando fu il suo turno ebbe la compiacenza di dismettere l'abito da trivialotto e indossare la casacca del ballerino provetto. Lui e i suoi "protetti" si esibirono in una coreografia, imperniata su alcuni hits di Micheal Jackson. Fecero fuoco e faville.
A giudizio insindacabile della giuria, la prorompenza di Max stracciò la verve Naif di Fabrizio.
Anche il pubblico virò su questa preferenza, ma non fu altrettanto perentorio in sede di votazione. Di fatto, Max la spuntò per un solo punto di percentuale (51%).
Sbrigata la pratica dei "Raccomandati" le performances da palcoscenisco cedettero temporaneamente lo scettro al Quiz nazional popolare. I duellanti vennero fiondati seduta stante nell'enigmatica terra del "Chi l'ha visto?"...
Sul palcoscenico fecero irruzione quattro meteore, pescate negli abissi della galassia televisiva.
Sulla loro identità c'era il riserbo assoluto...
"Ci provino pure i due chiaroveggenti a far luce sul mistero (due identità da indovinare a testa)... Troveranno pane per le loro sfere di cristallo!".
In onore di questo slogan mentecatto, gli organizzatori sfoderarono una cattiveria d'altri tempi. Precettarono il capitano Kirk e andarono a cercare i suddetti astri con il lanternino dell'Enterprise. Ma non fecero i conti con quei due volponi provenienti da Romulus.
Alla vista di quel vecchietto prodigo di indizi e con parrucca a portata di mano, Fabrizio ebbe un frammento di rivelazione in bianco e nero. Sparò un raggio phaser nell'album dell'infanzia, tanto sapeva che avrebbe fatto centro.
Quelli della Federazione potevano blaterare finchè pareva loro... Sarà capitato anche a loro di sbagliare, oppure no?
No... Decisamente no!
Come al solito brontolarono a ragion veduta: il fascio di luce rossastra sparato da Fabrizio impattò fuori bersaglio di almeno un anno luce. Il tipo con il toupè non era un personaggio del "La Nonna del Corsaro Nero", come mister "Buono pubblico" credeva. Carta d'identità esibita con stile, era Giovanni, il pensatore di Indietro Tutta.
Frizzi non si perse d'animo, fece un respirone profondo e ritentò la fortuna al tavolo del "vedo e prevedo".
Per tutta grazia, la dea bendata lo fece sussultare con un bacio dallo schiocco a rilascio prolungato.
Un volto dai tratti marziali fece risalire le quotazioni della sua palla di cristallo.
L'indovino non ebbe dubbi.
Il viso del secondo personaggio misterioso era quello di monsieur Champignon. Sì, proprio lui, il capitano del plotone d'esecuzione, incaricato di far passare a miglior vita Massimo Lopez nello spot pubblicitario.
E venne il momento di Max. Ancora una volta mise al tappeto il suo compìto sfidante, con un uno-due che gli valse l'en plein. La parola a Rino Tommasi per il commento tecnico.
1)  Una signora graziosa indossava una giacchetta gialla e stringeva a sè un tenero gattino.
Il signor Malgioglio sotto mentite spoglie chiuse gli occhi e prese la macchina del tempo. La De Lorean si materializzò nell'anno di grazia 1987...
Una bambina, sola soletta perse il furgoncino che l'avrebbe portata da Mamma e Papà. Pioveva che Giove la mandava. La piccina si strinse nelle spalle e si incamminò verso casa. Durante il tragitto si imbattè in un micino che aveva trovato un riparo di fortuna presso l'ingresso di un'abitazione. Era bagnato fradicio e miagolava. La bimba rispose alla richiesta d'aiuto con la candida voce dell'innocenza. Prese il cucciolo con delicatezza e lo avvolse tra i lembi della sua mantellina color limone.
La toccante musica dei Vangelis fece il resto e allo spettatore non rimase che prendere il fazzoletto e asciugare la gota rigata dalle lacrime...
Era uno dei più commoventi spot pubblicitari, promossi da un brand, che sarebbe diventato famoso al grido dello slogan: dove c'è Bar... c'è domus!".
La piccola testimonial era Sara Falzone, una delle identità di "Chi l'ha Visto".
2) Ed ecco il colpo del KO: L'indagine del tenente Colombo trasteverino abbandonò le mielose atmosfere pubblicitarie per andare a vedere i truculenti giochi del circo.
La macchina da presa indugiò sui bellicosi lineamenti di un vecchio guerriero.
Era nientemeno che Antonio, distintosi nello scontro campale tra gladiatori italici e illiri, circa un quarantennio fa.
Max non vide quello storico confronto, perchè era ancora nell'utere materno a scalciare come un forsennato.
La sua tribolatissima gestazione (Max non vedeva l'ora divenire al mondo!) sarebbe terminata solamente da lì a qualche settimana.
Il piccolo ribelle nacque nel segno di un'annata, che sconvolse il mondo con una serie di radicali cambiamenti...
68...
In nome di un'esistenza migliore, l'uomo si liberò da ceppi e catene imposti dalla dispotica autorità. Ogni forma di repressione, oppressione e divieto venne sistematicamente rigettata.
Il Sessantotto fu l'anno dei figli dei fiori, dei musici sotto acido, dei cappelloni impenitenti, ma cosa più importante... Fu l'anno di quella storica contesa tra Italia e Illiria.
Sede dello scontro epico: Circo Massimo di Roma.
Antonio lottò per la patria con tempra indomabile, conquistandosi il diritto di scolpire il suo nome nella pietra miliare dell'Urbe. Max era cresciuto nel mito di quella formidabile compagine italica. Aveva respirato dagli spalti l'aria pregna di brutale violenza che aleggiava nell'arena del circo...
"Papi, chi è quel signore con la casacca nera che estrae cartellini rossi ogni tre per due?".

Le partite dei gladiatori...

Papà Giusti ce l'aveva messa tutta per prepararlo al noviziato del tifo gladiatoristico. Adesso Max era diventato grande, e non poteva non riconoscere, nel vecchio Antonio, un pupillo della sua infanzia: il signor Iuliano del Napoli Gladiator Club.

Il quadrante del grande orologio ad acqua segnava le undici e dieci, segno che non mancava molto alla fine della manifestazione.
L'ultima prova in programma era a un tiro di dardo infuocato.
La signorina Venere inforcò le lenti della professoressa e interrogò i duellanti.

"Allora, ditemi... Cosa riserva il vostro lato nascosto?".

Il primo a prendersi la briga di rispondere fu Caio Massimo.
Fece un fischio e subito un paio di schiavi portarono in scena un triclinario di lusso.
Da buon gentiluomo quale era, aiutò la creatura dell'Olimpo ad accomodarsi sul pregiato lettino.
Poi le consegnò un cesto ricolmo di cipolle.
Un cesto di cipolle? Per farne cosa? Per attentare all'incolumità del suo divino fiato?
Naah!
Per farla piangere a catinelle?
Naaaaaaaah!
E allora ditelo, perchè rinuncio!

Max mise le cose in chiaro. Voleva fare l'istrione e istrione fu.
Ricalcò le orme di un divo della comicità italica, mister "te possino ammazzà", al secolo, Enrico Montesano.
Per l'occasione, tirò fuori dalla naftalina le sue corde baritonali.  Diede loro una bella lustratina e tornarono a girare che fu una meraviglia.
Ne avemmo tangibile dimostrazione quando il Ricucci maximo intonò un brano tratto da "Se il tempo fosse un gambero"...
Il vulcano Max era in costante ebollizione artistica. Sembrava che la parte del diavoletto birichino calzasse su misura per lui.
Il pubblico era in delirio, la giuria non stava più nella pelle, tranne la solita signora aristocratica, che di norma cavalcava l'onda bastiancontraria.
Per deviare la colata giustiana dal percorso vittorioso, Frizzi tentò la carta del musical scioglilingua.
Tale espediente aveva anche uno scopo didattico: divulgare la lingua britanna che tanto era di moda a quei tempi.
Tradotto in latino, il ritornello suonava più o meno così:
"(Elisa)Betta comprò un pezzo di burro amaro, ma il pezzo di burro amaro che Betta comprò era come il pezzo amaro di burro amaro che Betta comprò?".
Il buon Fabrizio riuscì nell'impresa memorabile di infiocchettare la lingue dei volenterosi apprendisti.
Già che c'era andò oltre mandando in corto circuito le sinapsi dell'intera platea.
Roba da mangiarsi le mani per il voto mancato. E così fu.
La situazione era ampiamente compromessa, ma se fosse riuscito a convincere gli spettatori, Frizzi avrebbe potuto superare il rivale sul fil di lana. Teoricamente era possibile.
I due ex duumviri si erano dati battaglia con l'armamentario del mattatore in loro possesso. Adesso le prove erano finite. Rimaneva a loro disposizione l'arringa finale con cui confermare il vantaggio fin lì ottenuto, o ribaltare la situazione sfavorevole. Alla plebe l'onore di risollevarsi dal grigiore quotidiano, stabilendo previa votazione il vincitore della serata.
Adempiuta la pratica oratoria, i due eroi frissero sulla graticola dell'attesa.
Afrodite tentò di attaccare bottone per smorzare un po' la tensione...

"Miei cari dove mi portereste a cena?". 

Il signorile Frizzi optò per lo chic "Chez Maxim".
Giusti non era particolarmente abile nell'arte del fioretto, non c'era bisogno di Valentina Vezzali per capirlo.
Lo schermidore mancato decise di brandire un falcione e fare scempio della povera risposta...
"Ti porterei da Maurizio er Topo, e ti farei degustare una pajata verace. Poi, se non hai nulla in contrario, gradirei che tu venissi con me al Moulin Rouge di Fregene".
Per nulla intimorita da cotante repliche, Venere rilanciò la posta con un'altra domandina trabocchetto.

"Carissimi, cosa fareste per me?".

Frizzi tirò fuori dalla tasca il prontuario del "Come far scappare le donne a gambe levate". Inforcò gli occhialoni d'ordinanza e lesse le prime righe:

"Punto primo: Per te attraverserei il Deserto del Sahara.
Punto secondo: Per te scalerei il Monte Bianco".

Giusti era una bravissima persona, ma in taluni casi ostentava la forma mentis dello sborone. In ossequio a questa peculiarità sarebbe andato a prendere la sua dea con un Concorde. Non prima di aver giocato un tiro birbone all'illuso rivale...

"Caro amico, verrei a cercarti nel deserto. Mentre stai facendo un buco nelle sabbie mobili ti guarderei nelle palle degli occhi e ti farei ciao ciao con la manina!". 

Finalmente giunse il momento del verdetto.
Giusti fece un inchino e ringraziò il pubblico. Per tutta risposta ottenne una colossale pernacchia.
Vinse Fabrizio Frizzi col 54% delle preferenze.
A lui il graditissimo onore di scarrozzare la mora divina per le trafficate strade della citta eterna e di fare tappa nel ristorante più esclusivo dell'impero.
Max dovette ingoiare un boccone amaro, ma non si lasciò scappare un altisonante annuncio condito da genuino livore...
"Non finisce qua...". 

Una spirale silente calò sul Circo Massimo. Le sue spire gelate avvolsero nella loro poderosa stretta palcoscenico e gradinate circostanti...
Quella che doveva essere una serata di festa stava per essere stritolata dall'imbarazzo strisciante...
Finchè una voce coraggiosa non ruppe il sortilegio di ghiaccio...

"Max Giusti, Max Giusti....".

Il coro si interruppe per pochi attimi per poi riprendere con rinnovato vigore.
Il nome, però, non era lo stesso... "Frizzi, Frizzi...". Un paio di timidi applausi si sollevarono dalla gradinata centrale. Servirono da innesco a una gioiosa reazione a catena.
Nel giro di una manciata di secondi, gli spalti del circo divennero la cassa di risonanza di almeno duecentomila mani.
Il vincitore dell'ambita cena non c'entrava una fava. Era la celebrazione della vittoria di entrambi. E, salendo di gerarchia, dell'impero.
Frizzi e Giusti erano riusciti a ricompattare la gente capitolina e a regalare loro tre ore di spettacolo che rimasero negli annali dell'impero.
L'ovazione durò ad occhio e croce almeno dieci minuti. Dopodichè, il clamore giubilante prese a diminuire spontaneamente. La gente si aspettava dai propri paladini un discorso, che puntualmente fecero.
Ringraziarono i fans per il caloroso supporto.
Fecero promessa solenne di ritornare su questi schermi con nuove edizioni dello show agonistico.
Non poteva mancare la solita sbobba propagandistica cucinata a regola d'arte. Cose tipo, la disoccupazione giovanile è salita al 12%, non disperate, investiremo in infrastrutture per creare occupazione... Si prospettano tempi duri quindi stringete la cintura delle toghe, però non dimenticate di spendere e spandere per favorire i consumi... Divieto di circolazione delle bighe nei giorni dispari, è caldamente consigliato prendere i carri pubblici... E' vitale far fronte comune contro l'invasore, dobbiamo vincere e vinceremo e blablablablabla...
Non contenti dell'obolo serale, gli spettatori trovarono un nuovo pretesto per andare in brodo di giuggiole.
Dalle vive voci dei loro paladini appresero una notizia bomba.
Fu avanzata la presentazione di un emendamento al fine di eliminare dal vessillo dell'aquila la sigla S.P.Q.R.  ("Sono Pazzi Questi Romani"). Sarebbe bastato un cenno di capoi di sua eminenza imperiale e il vecchio acronimo sarebbe stato rimpiazzato con quello nato dai buoni auspici dello spettacolo serale...

A.A.Q.D. Tradotto in sesterzi sonanti: Attenti A Quei Due!

Sotto l'egida "giustrizziana" I confini dell'impero non sarebbero stati violati.
Non c'era dubbio che tenesse: il severo monito avrebbe incusso terrore tra i ranghi degli invasori cattivi.
In parole povere, come le tasche dei contribuenti, ai barbari sarebbe venuta una bella cagarella.
Già... ai barbari.
La serata di festa terminò con la benedizione degli dei.
L'immensa onda del pubblico defluì dal circo seguendo placidamente gli appositi canali di sbocco.
Il cittadine dell'Urbe non aveva pensieri per la testa, perchè sapeva che poteva dormire tra i due guanciali.
Le luci dei riflettori passarono il testimone all'oscurità incombente.


CAPITOLO IV

Data non precisata dell'anno 2010 e del calendario post-pacchista:

In qualche landa dimenticata dagli dei, un tremendo ronzio di zanzare accompagnò le inusuali gesta di ventidue uomini in campo.
Rincorrevano una sfera rotolante che, il più delle volte, li faceva ruzzolare per terra... Non era facile calciarla.
Tra loro, però, c'erano degli atleti investiti del potere divino. Nei loro piedi scalpitavano la forza tonante di Giove e il tocco vellutato di Apollo. Uno di questi eletti raccolse un cross dalla trequarti e in perfetta sforbiciata scaricò la sfera sotto l'incrocio dei pali.
Il portiere, il difensore della porta avversaria, raccolse con mestizia la palla depositata in rete.
Le gradinate dell'anfiteatro esplosero in una girandola di colori e di braccia festanti.
Urla di eccitazione pervasero agone di gioco e dintorni.
Non era tutto oro quello che luccicava. Lontano da quel tripudio di bandiere e cori regnava sovrano il degrado.
La vegetazione cresceva spontanea tra i ruderi e le rovine di quella che doveva essere stata una grande civiltà...


THE END! 


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